30 giugno 2009

Storia d'emigrazione

Di questi tempi si fa un gran vociare circa sicurezza e clandestini, allora mi permetto di raccontarvi la storia di un uomo che pur non avendo commesso alcun reato, lavorando onestamente e desideroso di regolarizzare la sua posizione si è visto ostacolato e maltrattato dalla burocrazia italiana.
Durante tutta la narrazione non troverete il nome del protagonista di questa storia al fine di non renderlo riconoscibile e quindi tutelarlo, anche il nome di alcune città verrà volontariamente omesso per lo stesso motivo d’altronde la sua storia è simile a quella di tanti altri emigranti.
Il suo paese d’origine è al di là del Mediterraneo, sulla costa africana, ma da più di quindici anni si è trasferito in Europa, prima in altri stati e poi con il visto turistico è arrivato in Italia, precisamente a Reggio Calabria. Lì si è messo subito a lavorare, ha fatto l’agricoltore, si è trasferito a Napoli e successivamente nel ricco nord – est, in quel Veneto un tempo terra d’emigrazione ma che oggi, scordata la sua storia, è purtroppo sempre più spesso patria di capannoni e d’intolleranza.
Il nostro protagonista, comunque, non resta con le mani in mano e anche nella nuova città trova un impiego: una cooperativa di carico – scarico nella quale lavorano circa duecentocinquanta persone.
Passano i mesi e il suo permesso di soggiorno scade, allora da cittadino onesto, con la sua busta paga, si dirige in questura per rinnovarlo ma qui riceve un’amara sorpresa: la cooperativa per la quale lavora ufficialmente non esiste e gli viene intentato un processo penale, in quanto ha dichiarato il falso ed il permesso di soggiorno gli viene bloccato.
Lui si rivolge ad un avvocato esperto in materia e dalle care parcelle, nel processo penale viene assolto mentre il ricorso per il permesso di soggiorno viene perso. Il guaio è che questo avvocato, troppo esperto in materia tanto da approfittarsene, gli dice che il ricorso è stato vinto e che quindi lui può andare dove vuole.
Si trasferisce in un’altra città del Veneto, sennonché gli arriva una lettera dalla Questura della città nella quale si trovava prima e lui, convinto di essere in regola, si presenta. Una volta giunto in Questura, però, scopre che per la legge italiana lui è un clandestino e quindi viene immediatamente spedito al Centro di Permanenza Temporaneo di via Corelli a Milano.
Come sia ardua la vita dentro a questi centri penso che più o meno tutti lo sappiate, vi ricordo solo che chi è dentro difficilmente può comunicare con l’esterno ma soprattutto, appena si entra, se sei in possesso di un cellulare con video camera ti viene rotto, il perché è fin troppo chiaro.
Dopo due giorni dal suo arrivo, il giudice di pace di Milano gli ordina di tornare nel suo paese d’origine. L’avvocato/approfittatore, su pressione degli amici del nostro protagonista, fa ricorso ed un altro giudice di pace impugna la sentenza ed il ricorso verrà accettato o respinto a fine ottobre. Nel frattempo, fortunatamente, il nostro protagonista è uscito dal CPT ed attualmente lavora, ha una regolare busta paga ed un CUD.
Resta il fatto che un uomo onesto, che lavora, che vuole regolarizzare la sua posizione, incontra talmente tanti ostacoli che la strada della clandestinità sarebbe più semplice e meno dispendiosa. Come mai lo Stato Italiano permette ciò? Forse perché se esiste una zona grigia incentivata dall’eccessiva burocrazia sono in molti a guadagnarci e spesso dietro ad un proclamato pugno di ferro si nascondono beceri affaristi.

Damiano Fusaro

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